Dieci storie dal Marghine

La Promessa di Peter     

di Niu Cocco

A piccoli passi, quasi a non voler disturbare le foglie che si preparano a coprire il terreno, percorro un viale che ha l’aria di un vecchio stanco, con gli occhi a metà strada tra la nostalgia per i fasti di un tempo e la gioia di essere ancora presente per raccontarli. Gli alberi denudati mi guardano austeri, guardiani di quel silenzio magico capace di rapirti in un attimo, ma non c’è bisogno -dell’attimo intendo- perché i miei sensi si sono arresi a questa meraviglia prima ancora di vederla.

Conosco un posto magico dove potrai incontrare gli unicorni.

Fu così che il mio amico Peter mise a dura prova la mia curiosità

un bosco dove solo chi sa ascoltare, avrà la fortuna di sentire il battito della vita…

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La Promessa di Peter

di Niu Cocco

A piccoli passi, quasi a non voler disturbare le foglie che si preparano a coprire il terreno, percorro un viale che ha l’aria di un vecchio stanco, con gli occhi a metà strada tra la nostalgia per i fasti di un tempo e la gioia di essere ancora presente per raccontarli. Gli alberi denudati mi guardano austeri, guardiani di quel silenzio magico capace di rapirti in un attimo, ma non c’è bisogno -dell’attimo intendo- perché i miei sensi si sono arresi a questa meraviglia prima ancora di vederla.

Conosco un posto magico dove potrai incontrare gli unicorni.

Fu così che il mio amico Peter mise a dura prova la mia curiosità

un bosco dove solo chi sa ascoltare, avrà la fortuna di sentire il battito della vita

Sembrava facile, se non fosse che per arrivarci avevo bisogno di una barca prima e poi di un cavallo, ma ormai la parte infantile di me aveva già preso il sopravvento -come sempre ovviamente- e così, dopo aver sistemato le immancabili faccende che preludono a una lunga assenza, eccomi qua, impaurito come un bambino al quale il sole ha giocato il tiro mancino di tramontare troppo presto.

Sorpreso dal buio improvviso e fidandomi dell’istinto del mio compagno di viaggio ho scelto come riparo una pianta incredibile, che da una sensazione di pace solo a guardarla, maestosa e saggia come solo gli alberi secolari sanno essere.

Nel silenzio, quando anche gli ultimi abitanti della notte decidono che è ora di riposare, penso alla follia di questo viaggio, a chi ho lasciato a casa ad aspettarmi e alla mia armonica, che sorride beffarda sul comodino, perché questa, come ormai da molto tempo a questa parte, è l’ora del blues.

Poco male, riempirò il mancato appuntamento musicale di domande assurde, di quelle che non ti vergogni di fare perché tanto non le sente nessuno:

Possibile che alla mia età possa ancora credere agli unicorni?

Certo che puoi rispose una voce.

Devo essermi assopito sopra qualche fungo allucinogeno, oppure il cavallo ha imparato a parlare, tuttavia contrariamente al destriero sono sveglio, vigile e propenso al dialogo.

Improvvisamente, mentre mi tornano in mente le parole di Peter, il sole fa capolino e la magnificenza del bosco si mostra in tutta la sua bellezza.

Probabilmente ne è rimasto altrettanto affascinato quello strano tizio che riproduce su una tela questa meraviglia, riuscendo nel miracolo di rendere il dipinto assolutamente vivo.

Mi avvicino con aria pacifica e provo con un saluto a tentare di strapparlo dal mondo nel quale sembra immerso. Parla poco per la verità, per di più in una lingua strana, e anche se ha un’espressione rassicurante non insisto con le domande, ma dalla firma sul quadro credo che abbia un nome simile a Vincenzo.

Lascio lui e il suo buffo cappello di paglia a contemplare l’opera e continuo ad addentrarmi nei sentieri più o meno marcati, che sanno di incroci e precisione geometrica, scoprendo a poco a poco il dolce connubio tra la natura e l’ingegno umano.

Seguo con curiosità quello che in origine doveva essere un canale e arrivo di fronte a una piscina, sul cui lato fa bella mostra di sé un viale, che ricorda uno di quei tunnel alberati dove gli innamorati si promettono l’eternità.

Se non fosse che mi trovo al centro del mediterraneo giurerei di aver sbagliato isola, e penso che la villa anglosassone e che mi si para davanti potrebbe darmene la certezza.

Ho bisogno di riprendermi dallo stupore, così mi avvicino attirato dal profumo di lavanda che pervade il giardino, giusto in tempo per accorgermi che un vecchio dalla barba bianca mi sta spiando dalla feritoia di una della quattro torri, una per ogni angolo, che proteggono la casa.

La porta aperta è un invito a nozze, così salto i gradini che mi separano dall’incoscienza e vado dentro, come se sapessi già che le mie domande avranno una risposta certa.

Il vecchio è ospitale, infatti mi sta aspettando con una bottiglia che ha tutta l’aria di un distillato da offrire nelle grandi occasioni. Forse non vede ospiti da tanto, ma sta di fatto che brindiamo a qualunque cosa ci passi per la mente senza scambiare una parola.

In ogni bicchiere levato al cielo ho visto questo posto vivo, in un via vai di gente indaffarata ho ammirato i cavalli che ogni re vorrebbe cavalcare e scorto le più belle ancelle che, indossando costumi ricamati con fili d’oro, cantano la gioia di vivere in un posto come questo, dove l’essere umano e la natura si incontrano e diventano simbiosi perfetta.

Penso a quanto mi aveva promesso Peter, e ho la certezza che il battito della vita ha la stessa lunghezza d’onda del respiro della terra, madre amorosa che mi coccola e mi accarezza fino a scavarmi dentro l’anima, per diventare specchio della mia esistenza.

Ora posso tornare a casa contento, con la promessa che passato l’inverno che seguirà questo indimenticabile autunno, sarò di nuovo qua, a guardare questo spettacolo nei giorni in cui indosserà il suo abito migliore.

Non dirò mai a nessuno se ho visto o meno l’unicorno -le fate dei boschi e gli elfi non mi perdonerebbero mai- ma se il bambino che è in voi non ha mai smesso di sognare portatelo pure da queste parti, andrà via con un ricordo indelebile, grande almeno quanto l’abete spagnolo che segna il confine del parco ed eterno come il tasso sotto il quale ho passato la notte.

Bosco di Badde Salighes, in un normale giorno di autunno.

 

FRAMMENTI    

di Niu Cocco

Prima ancora di “Carosello”, ad intrattenere i bambini era quella curiosità naturale per i racconti dei grandi.

Che l’auditorium fossero il focolare d’inverno o una calda serata estiva passata sull’uscio di casa a cercare refrigerio, contava relativamente, ciò che importava era il saper catturare l’attenzione di noi mocciosi che a seconda dell’argomento trattato, preferivamo addormentarci in strada pur di non percorrere i pochi gradini che ci separavano dal letto, tra due ali di mostri di ogni genere.

Li ricordo ancora tutti

Mommoti, Maria Frensada, Sa Mama ‘e su sole, Sa Sinigoga..

ma quello più cattivo di tutti e che non ha mai smesso di turbarmi, era S’Ammutadore.

Dotato di una forza incredibile, riusciva a tenermi fermo

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FRAMMENTI

di Niu Cocco

Musica: il vecchio e il bambino di Guccini (versione livefra la via Emilia e il west)

 

Prima ancora di “Carosello”, ad intrattenere i bambini era quella curiosità naturale per i racconti dei grandi.

Che l’auditorium fossero il focolare d’inverno o una calda serata estiva passata sull’uscio di casa a cercare refrigerio, contava relativamente, ciò che importava  era il saper catturare l’attenzione di noi  mocciosi che a seconda dell’argomento trattato, preferivamo addormentarci in strada pur di non percorrere i pochi gradini che ci separavano dal letto, tra due ali di mostri di ogni genere.

Li ricordo ancora tutti, Mommoti, Maria Frensada, sa mama ‘e su sole, sa sinigoga.. ma quello più cattivo di tutti e che non ha mai smesso di turbarmi, era s’ammutadore.

Dotato di una forza incredibile, riusciva a tenermi fermo e a vanificare ogni tentativo di movimento, come se si nutrisse della mia energia.

Per esorcizzarlo ogni tanto faccio un esercizio che consiste nel cercare di risvegliarmi e far finta di dormire ancora, aspettando il momento giusto per saltare fuori dal letto, ma lui, maleittusiada, è sempre in agguato.

Ho deciso perciò di fare un tuffo nel passato, giusto per sapere quando è iniziata questa storia, mettendo insieme una serie di frammenti che hanno voci, forme, colori e profumi ben precisi.

Vedo tanta gente che già prima dell’alba percorre di buona lena la strada che porta verso la pianura e mi unisco a loro.

Vengo accolto come si conviene, nel senso che i più scaltri già scommettono su quanto durerà la mia giornata e mentre quelli premurosi dispensano consigli su come difendermi dal caldo e dalla sete, capisco che il miglior antidoto contro la fame è la bisaccia piena delle cose essenziali.

L’avvertimento più gettonato è quello di non sprecare tutte la forze, ma di lasciarmi in tasca quelle necessarie per potermi garantire il  rientro a casa.

Mentre si avvicina il posto di lavoro avverto una sensazione stranissima, come se improvvisamente qualcosa di misterioso mi legasse con un filo invisibile agli altri.

Ho la convinzione che tutti abbiano in testa la stessa canzone, che scandisce il ritmo facendoli muovere all’unisono con gesti quasi ancestrali, dove una mano tiene saldamente la preda e l’altra la recide alla radice e penso che se voglio tenere il passo dovrò imparare quanto prima a muovermi come loro.

Si suda, si trova la forza per ridere e per parlare di futuro raccontando il passato, di quando la valle era ancora verde e alberata, di come le stagioni fossero regolari e i raccolti, cavallette a parte, quasi sempre garantiti.

Era lunga la strada che portava a “su murubiancu”, almeno quanto la sensazione di orgoglio per essere entrato a far parte del mondo degli adulti, che tra uno sfottò e l’altro si prodigavano per insegnare qualcosa a un ragazzino curioso, magari svelandogli i trucchi del mestiere ognuno all’insaputa degli altri, così da poter rivendicare un domani di esserne stati i veri maestri.

Mi stavo inserendo nella comunità e beatamente mi godevo i piccoli successi personali, avevo imparato ad aggiogare i buoi e a preparare il terreno per la semina, a mietere e a separare il grano, a vederlo trasformarsi in farina e grazie a sapienti mani femminili, a godere prima ancora di  assaporarne il gusto unico, del meraviglioso profumo che emanava appena uscito dal forno, e ovviamente a preparare le cataste di legna necessarie alla sua cottura.

C’era una sorta di magia in tutto questo e la coglievo pienamente davanti a un bicchiere con dentro un impasto segnato con il segno della croce, che di volta in volta veniva rigenerato e passato in consegna a chisi sarebbe apprestato da li a poco a farlo rivivere.

Il nome evoca gerarchie che non lasciano spazio a interpretazioni: Màdrighe, “Matrice”.

 

Su frammentarzu,  tramandato dalla notte dei tempi fino ai nostri giorni da coloro che possono più degli Dei, le donne, è la metafora perfetta del moto perpetuo e del ciclo della vita, che trasforma in cibo per il corpo e per l’anima il sacrificio di un chicco di grano.

Dopo una interminabile giornata di lavoro, resa ancora più faticosa da un caldo terribile, la strada per il rientro a casa sembrava non finire mai e le ombre alle spalle delle persone che la percorrevano, si allungavano prendendo sembianze spettrali. La direzione da seguire faceva in modo di averle sempre alle spalle eppure, ed era una certezza più che una paura infantile mai scomparsa, ce n’era una che aveva peso e forme reali, che regalava passo dopo passo una sensazione di angoscia improvvisa, dovuta forse a quelle nuvole che si apprestavano a ricoprire la vetta del monte in modo insolito, diventando con il passare del tempo, una compagna inquieta e inseparabile.

Era la testimone silenziosa del cambiamento, il regalo del progresso e del benessere che andava a far compagnia alla maledizione dei frati francescani, rei di aver gettato il paese ell’insoddisfazione eterna.

Un mantello di orbace gigantesco, queste erano le sue sembianze, pesante come la colpa di aver perduto ciò che avevamo imparato nei secoli, la capacità di modellare la terra, di assecondarla e di farla vivere in simbiosi con la nostra fatica.

Ogni passo che compivo nel rientrare a casa mi dava la certezza che niente sarebbe stato più come prima, per questo non ho mai avuto il coraggio di guardarmi alle spalle, il “dopo” avrebbe cancellato di colpo quello che avevo vissuto.

Ho imparato a scivolare sotto le coperte, a mettere i piedi per terra in silenzio e con discrezione e ho scoperto come fregare lo spettro: ha una paura matta dei ricordi!

 

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
” Non mi  piaccion le fabbriche, non farne più altre!”

 

 

 

 

INCONTRO TRA LE MORE     

di Emma Fiori

Era una torrida giornata di settembre, gli alberi cominciavano ad arrossire, anticipando il vicino autunno. Maria si stava avventurando tra l’erba alta con la sua lunga gonna punta dai cardi e un cesto da riempire con delle more.

Fin dalla più giovane età lavorava per il signor Piercy o meglio per la sua azienda.

Non lo aveva mai visto, ma sapeva quanto fosse una persona importante, gli era stato dato un incarico addirittura dal Re.

Lei non aveva mai incontrato persone così importanti…

 

 

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Incontro tra le more

di Emma Fiori

Era una torrida giornata di settembre, gli alberi cominciavano ad arrossire, anticipando il vicino autunno. Maria si stava avventurando tra l’erba alta con la sua lunga gonna punta dai cardi e un cesto da riempire con delle more.

Fin dalla più giovane età lavorava per il signor Piercy o meglio per la sua azienda. Non lo aveva mai visto, ma sapeva quanto fosse una persona importante, gli era stato dato un incarico addirittura dal Re.

Lei non aveva mai incontrato persone così importanti, il massimo era stato uno dei funzionari reali, che ogni tanto passavano a controllare l’operato del suo Signore. Durante le elementari aveva sentito un sacco di nomi importanti oltre ad imparare le basi dell’italiano. Finita la scuola  era andata subito a lavorare e quei nomi erano scomparsi dalla sua memoria. Con questi pensieri era arrivata ad un luogo pieno di roveti ricchi di more, ma non era sola.

C’era una giovane ragazza che sembrava avere circa 16 anni, la testa coperta da lunghi capelli neri, leggermente mossi e un lungo vestito probabilmente di lino.

Stava raccogliendo quei piccoli frutti ma le sue mani sembravano testimoniare il fatto che ella non fosse avvezza ai lavori manuali. Erano piene di tagli rossastri, che spiccavano sulla pelle candida.

Notando di essere osservata la giovane si girò dalla sua parte:-Buongiorno-disse sorridendo, avvicinandosi per presentarsi –Mi chiamo Anna, sono la figlia del signor Sebastiano– Allora la riconobbe era la primogenita del medico di paese.

Parlava bene l’italiano come uno dei funzionari reali che vedeva di tanto in tanto- Sono Maria, lavoro nell’azienda del signor Piercy- lei la guardò con i suoi occhi vivaci –vuoi raccogliere delle more? aveva cambiato al sardo probabilmente notando la difficoltà della sua interlocutrice.

Maria tirò un sospiro di sollievo –Sì , sono belle quest’anno -chiese guardando i  neri frutti nel cesto dell’altra –Assaggia– disse e le passò un paio di more e poi aggiuse- Di sicuro saranno più buone rispetto a quelle di Cagliari -l’altra ragazza le assaggiò, erano dolci, perfette per una marmellata e poi si rivolse alla giovane dai capelli neri:-Non sono mai stata a Cagliari com’è?- Ella rispose- grande ed è vicino al mare ci vanno un sacco di persone- sospirò –rispetto a qui è tutto così frenetico. Per questo ho voluto passare il periodo estivo qui. La scuola ricomincia ad ottobre.- Maria la guardò stupita:- vai ancora a scuola? Che cos’altro c’è da imparare?- Anna ribatté:- l’istruzione è importante e anche sapere come siamo arrivati qui. Un signore chiamato Garibaldi ha unito l’Itali; il tuo Signore lo conosceva -poi sorrise –voglio diventare insegnante e lavorare in questo paese, Tutti devono sapere la nostra storia.– Stai parlando di tutta l’Italia ma qui cosa è successo? Chiese la castana incuriosita –I Savoia i nostri re, non sono sempre stati a capo della Sardegna, prima erano dei Duchi e governavano un’area della Francia noi eravamo controllati dalla Spagna. A Bortigali e Macomer ci sono molte loro tracce -sorrise –come le porte e le finestre aragonesi o l’intero centro storico – Maria curiosa chiese ad Anna di continuare a parlarle ma lei, guardando l’ora su un orologio da taschino la salutò, dicendo:- adesso devo andare, la prossima volta ti racconterò altre storie, dopo tutto abbiamo ancora mezzo mese per incontrarci -e se ne andò con il suo cesto di more pieno.

 

di Emma Fiori- 1° episodio

Radio Sardegna          

di Marisa Vasco e Monica Maoddi

A Bortigali, nell’autunno del 1943, è nata Radio Sardegna, che può vantare due importanti primati: è stata la prima Radio libera in Italia dopo l’Armistizio dell’8 settembre e la prima Radio al mondo a comunicare, da Cagliari il 7 maggio 1945, la notizia della resa della Germania, e quindi della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Nei primi mesi del 1943, a Bortigali, piccolo paese che oggi conta poco più di 1300 abitanti, in seguito ai pesanti bombardamenti su Cagliari si era trasferito il Comando Supremo delle Forze Armate della Sardegna, con a capo il Generale Antonio Basso.

Molte case erano state requisite per alloggiare gli ufficiali; per i militari di truppa vennero invece allestiti accampamenti alle periferie del paese

 

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Per ulteriori approfondimenti sulla storia del Marghine vai alla sezione Storia 

La magia che non ti aspetti       

di Gabriella Pireddu

Nel paese di Lei c’è una piccola piazza speciale, una terrazza sospesa tra terra e cielo che dà sull’infinito. Non è di passaggio ma vi si arriva spinti dalla voglia o dal bisogno di andarvi.

E’ situata alla fine di un breve vicolo

che la divide da una piazza più grande che recentemente è stata destinata alla fermata dei pullman.

Una volta attraversato il vicoletto ci si trova di fronte a un arco sorretto da

due imponenti pilastri fatti di pietre di varie forme incastrate fra loro.
A mo’ di guardiani…

 

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La magia che non ti aspetti
di Gabriella Pireddu

Nel paese di Lei c’è una piccola piazza speciale, una terrazza sospesa tra terra e cielo che
dà sull’infinito. Non è di passaggio ma vi si arriva spinti dalla voglia o dal bisogno di
andarvi.
E’ situata alla fine di un breve vicolo che la divide da una piazza più grande che
recentemente è stata destinata alla fermata dei pullman. Una volta attraversato il vicoletto
ci si trova di fronte a un arco sorretto da due imponenti pilastri fatti di pietre di varie
forme incastrate fra loro. A mo’ di guardiani di un luogo prezioso sembrano voler
intimidire chi vi passa davanti. L’ingresso alla piazza è stato pensato in modo da
proteggerla dalla presenza di veicoli che ne comprometterebbero l’essenza peculiare. Una
volta arrivati alla piazza, lo scenario di fronte al quale ci si trova lascia quasi disorientati
per quel grande e improvviso senso di libertà e di pace che vi si respira. Alla propria
destra, la presenza di una loggia delimita quasi per intero un lato della piazza, lasciando
poi il compito alla natura selvaggia e incontaminata che presidia quella porzione di
territorio da sempre. Di fronte alla loggia – riparo sicuro da repentini scherzi del clima ma
anche luogo ideale per passare del tempo con gli amici lontani dallo sguardo dei passanti.
– troneggia rassicurante una statua di San Marco, santo al quale la piazza è stata dedicata.
Ha lo sguardo rivolto all’orizzonte, la statua, quasi a voler indicare ai passanti lo
sconfinato panorama che avvolge quel luogo quasi magico. Basta muovere pochi passi
per rendersi conto che non ci si trova in un luogo dozzinale, già visto… A dispetto dello
stile minimalista che la caratterizza, infatti, ciò che emerge è la capacità di quella piccola
piazza di evocare dentro chiunque vi sosti una sensazione di pace e di serenità. Le
panchine poste quasi a ridosso dei parapetti che delimitano quel luogo fuori dal tempo
accolgono chiunque abbia bisogno di stare un po’ con se stesso e coi propri pensieri o
abbia semplicemente voglia di leggere qualcosa, di scrivere o di farsi assorbire
dall’atmosfera del momento ascoltando della musica. In un angolo, un olmo si fa
coccolare dal vento, quasi sempre presente, sussurrando canzoni sconosciute a chiunque
le voglia ascoltare…
Quella piazza è un luogo speciale, molto amato dagli abitanti del paese di Lei, che, non di
rado, vi si recano appena possono. Il sole, che la illumina in ogni momento della giornata,
ha un effetto rigenerante su chiunque vi si fermi, per pochi minuti o per ore, e ruotando
attorno ad essa conferisce ad ogni cosa un aspetto sempre diverso. Nelle belle giornate i
colori della natura circostante si fanno più brillanti e non è raro vedere i colori
dell’orizzonte passare in modo graduale dal verde dell’erba al blu dei monti lontani e
all’azzurro del cielo sovrastante. E’ un’esperienza sensoriale da provare, almeno una volta,
nella vita.
Ma se di giorno le sensazioni di pace e di calma interiore si fanno forti, quando il sole
tramonta e il cielo notturno veglia su tutto il paesaggio, lo scenario che avvolge quel
luogo si fa mozzafiato. Basta alzare lo sguardo per avere un’idea di tutta la meraviglia che
il cielo notturno sa regalare, soprattutto durante il novilunio: migliaia di stelle si mostrano
all’occhio umano e danno spettacolo di sè. Non è difficile distinguere le costellazioni che
per millenni hanno guidato e ispirato chi ci ha preceduto e l’impatto visivo con
quell’immensità sembra riportare alla mente storie passate mai vissute ma ugualmente
proprie nell’indole umana.
E’ stata proprio una notte come tante ad assistere, in questo piccolo gioiello naturalistico,
al concerto di Paolo Fresu in duetto con Stefano Bollani, nell’estate del 2011. Per
l’occasione quella piccola piazza ha attirato, accolto e ospitato circa trecento persone,
molte più di quelle che si pensava avrebbe potuto contenere. Ma ci stemmo tutti e la
serata – complice un clima benevolo – fu suggestiva e indimenticabile.
Quella piazzetta, la nostra Piazza San Marco, è un luogo al quale siamo affezionati. Ha
cambiato aspetto nel corso degli ultimim decenni ma è da sempre il nostro rifugio e la
fonte di ispirazione e di serenità. Vale davvero la pena di scoprirla o di riscoprirla.

LA VIA DEL FORMAGGIO: LA PATRIA DEL CASIZOLU

Piccoli caseifici e produzioni di altissima qualità. E, ancora, importanti aziende che esportano in Italia e all’estero portando il nome della nostra isola in giro per il mondo. È nel Marghine che il formaggio, cibo identitario per eccellenza della Sardegna, trova la sua massima espressione.

Sempre qui nei primi anni del Duemila è partita una campagna per salvare  il “casizolu” e la “fresa“, specialità casearie tipiche della zona, delle quali era rimasta traccia solo nella produzione industriale.Una campagna che quasi vent’anni dopo ha prodotto degli importanti risultati:

le piccole produzioni artigianali hanno ripreso a produrre queste specialità, salvandole dall’estinzione e riproponendole ai palati più fini, sardi e non.

Per i viaggiatori si tratta di una ragione in più per visitare i dieci paesi del Marghine…

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Piccoli caseifici e produzioni di altissima qualità. E, ancora, importanti aziende che esportano in Italia e all’estero portando il nome della nostra isola in giro per il mondo. È nel Marghine che il formaggio, cibo identitario per eccellenza della Sardegna, trova la sua massima espressione. Sempre qui nei primi anni del Duemila è partita una campagna per salvare  il “casizolu” e la “fresa”, specialità casearie tipiche della zona, delle quali era rimasta traccia solo nella produzione industriale. Una campagna che quasi vent’anni dopo ha prodotto degli importanti risultati: le piccole produzioni artigianali hanno ripreso a produrre queste specialità, salvandole dall’estinzione e riproponendole ai palati più fini, sardi e non. Per i viaggiatori si tratta di una ragione in più per visitare i dieci paesi del Marghine, ognuno dei quali ospita piccoli produttori, caseifici e aziende di medie e gradi dimensioni. Degustare le specialità della zona con una fetta di buon pane e un bicchiere di vino, accompagnando il tutto con del miele o una composta di frutta della zona, è un’esperienza sensoriale che vale la pena di vivere fino in fondo. Una Sardegna indimenticabile perché dietro i formaggi del Marghine ci sono la passione, l’entusiasmo e la professionalità di tante persone, uomini e donne che con la loro ospitalità fanno sentire qualsiasi visitatore a casa propria. Un altro formaggio della zona è “sa piritta”, una specialità che si produce con latte misto di pecora e mucca e che ha rischiato di scomparire. Della zona è anche il Dolce Macomer, un formaggio a pasta molle prodotto con latte vaccino intero da allevamenti a pascolo semibrado. Imperdibili gli assaggi del Morbido di Macomer, un formaggio pecorino a crosta fiorita. E ancora i pecorini di diverse stagionature, il Fiore Sardo, che qui assume connotazioni olfattive e di palato del tutto peculiari, la provola, le creme dolci e piccanti, la ricotta vaccina e di pecora, nelle sue versioni fresca e stagionata. Insomma, esplorare il Marghine vuol dire immergersi nella tradizione e nell’identità di produzioni casearie di notevole qualità e originalità come dimostra la presenza di specialità tipiche di questa parte dell’isola.  Dietro ogni assaggio di formaggio ci sono storie importanti, in primis quella dei pastori, che hanno tenuto in piedi l’economia del territorio anche dopo il fallimento della grande stagione dell’industria. E c’è, soprattutto, il lavoro delle tante donne che dagli anni Sessanta in poi hanno trovato occupazione, riscatto e dignità nella produzione di un cibo che, più di altri, rappresenta l’essenza stessa del Marghine e il volto più autentico della nostra isola.

LA VIA DEL PANE: IL MARGHINE E IL MUSEO DI BORORE

LA VIA DEL PANE: IL MARGHINE E IL MUSEO DI BORORE

 

Il pane è memoria, identità e tradizione. È il cibo primario che più di tutti rappresenta l’essenza di un popolo o di una comunità.

Ha un significato profondo che va oltre al semplice sfamare il corpo giacché, anche dal punto di vista religioso, nutre anche lo spirito.

Conoscere il pane, quindi, significa conoscere un territorio e la popolazione che lo abita.

Il pane è insieme alimento e simbolo, il suo valore è nutritivo e celebrativo.

Le vie del pane in Sardegna nascono allo scopo di…

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LA VIA DEL PANE: IL MARGHINE E IL MUSEO DI BORORE

 

Il pane è memoria, identità e tradizione. È il cibo primario che più di tutti rappresenta l’essenza di un popolo o di una comunità. Ha un significato profondo che va oltre al semplice sfamare il corpo giacché, anche dal punto di vista religioso, nutre anche lo spirito. Conoscere il pane, quindi, significa conoscere un territorio e la popolazione che lo abita. Il pane è insieme alimento e simbolo, il suo valore è nutritivo e celebrativo. Le vie del pane in Sardegna nascono allo scopo di identificare e valorizzare il pane tipico locale attraverso alcuni itinerari turistico-didattici che ripercorrono le fasi produttive della filiera: dalla coltivazione dei cereali alla produzione del pane. Tra gli itinerari proposti nell’isola quello del Marghine è tra i più interessanti perché rivela al visitatore gli aspetti peculiari della tradizione e dell’economia locale con la degustazione del suo pane come elemento identitario di un’area a forte vocazione agricola. Il centro di questo itinerario è Borore, paese con poco più di 2000 abitanti,dove sorge lo splendido museo del “pane rituale”, un luogo suggestivo capace di raccontare i significati della panificazione domestica con la sua ricca varietà di pani (circa 250 tipologie) preparati per le feste dell’anno o per gli avvenimenti.Di particolare interesse è la visionedel documentario “la vita del contadino”, testimonianza diretta degli anziani del paese, protagonisti e detentori del sapere delle tradizioni. Al termine della visita del museo, si può pranzare in agriturismo o degustare, in uno dei caseifici della zona, dei buoni formaggi accompagnati con il pane della tradizione.

Per informazioni

Museo del pane rituale

tel. 0785.879003, info@museodelpanerituale.it

LA VIA DEL VINO: LE PICCOLE CANTINE DEL MARGHINE

La via del vino del Marghine è tra le più interessanti della Sardegna perché, più che altrove,sa esaltare la sapienza dei viticoltori locali, mettendo in rete le tante piccole cantine che producono, in particolare, dei rossi di grande pregio.

Un percorso sconosciuto ai più e, per tale motivo, ricco di sorprese.

Un itinerario che negli anni ha dato vita a una serie di appuntamenti in grado di mettere in mostra ciò che il territorio è capace di fare e di proporre nell’ottica della valorizzazione delle risorse tipiche.

La coltivazione di piccole vigne sta conquistando sempre più appassionati che riescono a produrre prodotti di nicchia di ottima qualità.

Da Silanus a Borore, passando per Birori e Bortigali, fino a Macomer e Bolotana, i produttori di vini che hanno i vigneti ubicati nei dieci centri del comprensorio aumentano di anno in anno.

Si possono visitare le cantine e degustare produzioni…

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LA VIA DEL VINO: LE PICCOLE CANTINE DEL MARGHINE

 

La via del vino del Marghine è tra le più interessanti della Sardegna perché, più che altrove,sa esaltare la sapienza dei viticoltori locali, mettendo in rete le tante piccole cantine che producono, in particolare, dei rossi di grande pregio. Un percorso sconosciuto ai più e, per tale motivo, ricco di sorprese. Un itinerario che negli anni ha dato vitaa una serie di appuntamenti in grado di mettere in mostra ciò che il territorio è capace di fare e di proporre nell’ottica della valorizzazione delle risorse tipiche. La coltivazione di piccole vigne sta conquistando sempre più appassionati che riescono a produrre prodotti di nicchia di ottima qualità. Da Silanus a Borore, passando per Birori e Bortigali, fino a Macomer e Bolotana, i produttori di vini che hanno i vigneti ubicati nei dieci centri del comprensorio aumentano di anno in anno. Si possono visitare le cantine e degustare produzioni di grande qualità, etichette che spesso sono fuori dai circuiti della classica distribuzione commerciale, in contesti rurali di pregio e di rilevante suggestione naturalistica. Nel tempo, i paesi del territorio hanno ospitato concorsi, rassegne enologiche e semplici eventi pubblici di promozione della produzione enologica del territorio con l’obiettivo di farla conoscere ai consumatori e di stimolare lo sforzo dei produttori e delle aziende vitivinicole al continuo miglioramento.La via del vino rappresenta,quindi,un’occasione unica per fare una gita o una visita di più giorni nel Marghine, con soste nelle piccole cantine e degustazioni di vini dal sapore forte e nobile,un modo non scontato per far conoscere al viaggiatore gli usi, i costumi, la gastronomia, i luoghi storici, archeologici e paesaggistici di una zona tra le più belle della Sardegna.

 

 

Per informazioni:

AGENZIA LAORE – Sportello Unico Territoriale per l’area del Marghine

Corso Umberto n. 226, Macomer

Tel. Tel. 0785 71089, 0785 71594

 

 

LA VIA DELL’ARCHEOLOGIA: IL MARGHINE DEI NURAGHI

Non tutti sanno che l’area del Marghine è, insieme al Goceano, quella che presenta la maggiore concentrazione in Sardegna di monumenti preistorici e protostorici, molti dei quali si trovano ancora oggi in un buono stato di conservazione.

Nel territorio di Macomer è imperdibile l’area archeologica di Tamuli, con un nuraghe, tre tombe di giganti e sei menhir conici, dei quali i tre più grandi mostrano due bozze mammillari.

Di grande importanza per la storia della Sardegna è anche la necropoli a domus de janas di Filigosa, dalla quale prende il nome la cultura eneolitica di Abealzu-Filigosa.

Presso Birori sono di grande interesse le tombe di giganti di Palatu e di Lassia.

Di grandissima suggestione è il complesso nuragico di Santa Sabina o Santa Sarbana, localizzato nel territorio di Silanus, composto da …

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LA VIA DELL’ARCHEOLOGIA: IL MARGHINE DEI NURAGHI

 

Non tutti sanno che l’area del Marghine è, insieme al Goceano, quella che presenta la maggiore concentrazione in Sardegna di monumenti preistorici e protostorici, molti dei quali si trovano ancora oggi in un buono stato di conservazione. Nel territorio di Macomer è imperdibile l’area archeologica di Tamuli, con un nuraghe, tre tombe di giganti e sei menhir conici, dei quali i tre più grandi mostrano due bozze mammillari. Di grande importanza per la storia della Sardegna è anche la necropoli a domus de janas di Filigosa, dalla quale prende il nome la cultura eneolitica di Abealzu-Filigosa. Presso Birori sono di grande interesse le tombe di giganti di Palatu e di Lassia. Di grandissima suggestione è il complesso nuragico di Santa Sabina o Santa Sarbana, localizzato nel territorio di Silanus, composto da un nuraghe, un villaggio, una tomba dei giganti e pozzo sacro. La presenza di una chiesa medievale dimostra come l’area per molti secoli abbia mantenuto una funzione sacra o religiosa. Nel comune di Bortigali è presente il nuraghe Orolo, un monumento archeologico situato ad una quota di 785 metri, da dove si osserva una vasta porzione di territorio della Sardegna centrale. Si tratta di un nuraghe particolarmente importante per via della sua posizione, delle dimensioni e dello stato di conservazione. Tra i monumenti più rappresentativi della zona merita senza dubbio una citazione il Nuraghe Tittirola, uno dei più alti di tutta l’isola visto che si trova a 976 metri sul livello del mare. Il nuraghe era dotato di tre piani, di cui oggi ne rimane solo uno. Accanto si trovavano anche  i resti di una Tomba di Gigante (rarissime nel territorio di Bolotana), di un pozzo e di una fonte sacra. A Dualchi è possibile visitare il Nuraghe Ponte a tholos che sorge a poca distanza dai complessi archeologici di Frenegarzu e Bardalazzu, dove è possibile ammirare, insieme ai nuraghi, una tomba dei giganti, delle piccole urne cinerarie e un pozzo. Significativo è anche il sito Duos Nuraghes nel paese di Borore. Si tratta di camminamenti di facile percorrenza, adatti anche ai bambini che, in tal modo, possono vivere un’esperienza unica percorrendo, all’aria aperta e in contesti naturalistici di pregio, le orme degli antenati nuragici del popolo sardo. Tra le numerose attività proposte dalle guide locali vi è la raccolta delle erbe selvatiche commestibili che circondano molti dei siti archeologici della zona. Per chi lo desiderasse, è possibile consumare un pasto nuragico cucinando le erbe raccolte, accompagnate da salsicce e formaggio arrosto, il tutto utilizzando antichi utensili. Il Marghine con i suoi numerosi siti archeologici offre al visitatore la possibilità di effettuare un vero e proprio viaggio attraverso la storia, un salto nel tempo grazie alla presenza di monumenti che sono la viva testimonianza della presenza dell’uomo in questa parte della Sardegna fin dalla preistoria.

LA VIA DELL’OLIO: LA BOSANA REGINA DEL MARGHINE 

È  nelle campagne del Marghine che si produce uno dei migliori oli extravergini d’oliva del mondo. Qui, dove la natura è stata generosa con l’uomo, gli ulivi regalano, attraverso la spremitura dei loro frutti, un nettare dal sapore intenso, l’espressione forse più autentica di una terra antica come la Sardegna.

Basterebbe sedersi sotto una di queste piante e assaporare una fetta di pane con un filo d’olio per capire il senso del legame, profondo fin dall’antichità, tra l’ulivo e l’uomo.

Come nel resto del Mediterraneo, la pianta è diventata una parte integrante del paesaggio, un elemento necessario per comprendere al meglio le dinamiche sociali e produttive di questa zonadell’isola.

Dentro una bottiglia d’olio d’oliva ci sono molte cose, come la storia di una comunità e i legami affettivi tra le persone che la costituiscono.

Recarsi nel Marghine vuol dire scoprire e conoscere un prodotto che nasconde…

 

 

 

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LA VIA DELL’OLIO: LA BOSANA REGINA DEL MARGHINE

 

È  nelle campagne del Marghine che si produce uno dei migliori oli extravergini d’oliva del mondo. Qui, dove la natura è stata generosa con l’uomo, gli ulivi regalano, attraverso la spremitura dei loro frutti, un nettare dal sapore intenso, l’espressione forse più autentica di una terra antica come la Sardegna. Basterebbe sedersi sotto una di queste piante e assaporare una fetta di pane con un filo d’olio per capire il senso del legame,profondo fin dall’antichità, tra l’ulivo e l’uomo. Come nel resto del Mediterraneo, la pianta è diventata una parte integrante del paesaggio, un elemento necessario per comprendere al meglio le dinamiche sociali e produttive di questa zonadell’isola. Dentro una bottiglia d’olio d’oliva ci sono molte cose, come la storia di una comunità e i legami affettivi tra le persone che la costituiscono. RecarsinelMarghine vuol dire scoprire e conoscere un prodotto che nasconde il senso più autentico di questo territorio. Tutte le produzioni locali meritano di essere conosciute e degustate. L’invito, quindi, èfarsi prendere per mano e scoprire, paese per paese, le aziende che in questi anni si sono ritagliate uno spazio nei concorsi nazionali ed esteri, fino a finire negli scaffali dei più importanti negozi gourmet del mondo. L’olio extra vergine del Marghine ha l’impronta della pianta “Bosana”, un fruttato intenso di oliva di tipo erbaceo, con gusto fresco, amaro, piccante e forti sensazioni che ricordano il cardo e il carciofo. In ognuno dei dieci paesi ci sono aziende che producono un olio pregevole, ma una segnalazione d’obbligo merita l’olio bolotanese Ozzastrera che ha conquistato riconoscimenti internazionali per gli extravergini biologici battendo la concorrenza di prodotti provenienti da tutto il mondo. Si narra che questo olio per palati assai fini sia giunto persino sulla tavola della Regina d’Inghilterra. Percorrere la via dell’olio, unitamente alle altre strade delle produzioni tipiche, è senza dubbiouno dei migliorimodi per conoscerequesta regione dell’isola, ricca di storia, di misteri e di bellezza.